Questa review esamina l’applicazione dell’intelligenza artificiale (AI), in particolare del machine learning (ML), alla genetica dei fattori della coagulazione, con focus su predizione dell’impatto funzionale delle varianti e correlazioni genotipo-fenotipo. Gli autori segnalano un aumento delle pubblicazioni nel settore, trainato dagli studi su emofilia A e B. Tra il 2014 e il 2023, solo 7 studi sono risultati rilevanti, principalmente incentrati su varianti missenso di FVIII, FIX e FV.
Un esempio è Hema-Class, modello predittivo per l’emofilia A che integra dati genetici, clinici e strutturali, raggiungendo un’accuratezza fino all’87% nella classificazione della gravità. Tuttavia, l’attenzione esclusiva alle varianti missenso limita l’applicabilità clinica a mutazioni più complesse (es. frameshift e splicing).
Strumenti come DeepVariant (variant calling) e AlphaMissense (predizione di patogenicità) mostrano un potenziale per una diagnosi più precisa, ma la loro efficacia richiede dataset clinico-genetici ampi e ben curati, oggi carenti nelle coagulopatie rare. Per un uso clinico affidabile, è cruciale integrare dati omici (proteomica, epigenomica) e validazioni sperimentali, aprendo la strada a una medicina personalizzata nelle malattie emorragiche ereditarie.
Applicazione
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Tool AI/ML
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Contesto clinico
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Predizione gravità emofilia A
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Hema-Class, GNN-HemA
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Varianti missenso FVIII
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Variant calling
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DeepVariant, Clair3
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Dati NGS (short e long read)
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Interpretazione varianti
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AlphaMissense, REVEL, SpliceAI
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Missenso, splicing, non codificanti
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Queste applicazioni rappresentano un primo passo concreto verso l’integrazione dell’AI nella pratica clinica, con l’obiettivo di migliorare diagnosi, prognosi e personalizzazione delle terapie nei disturbi della coagulazione.
Questo studio presenta i risultati di efficacia, dopo un follow up esteso a 3.5 anni, del trial di fase I/II sull’utilizzo del mosunetuzumab, anticorpo bispecifico T-cell engager CD20xCD3, nei pazienti con linfomi non Hodgkin aggressivi (aNHL) e indolenti (iNHL) recidivi/refrattari (R/R). All’interno di questo studio di dose-escalation, 33 pazienti sono stati arruolati nel gruppo A (dose piena 0.05-2.8 mg), nel gruppo B (dosi step-up con dose target 2.8-60 mg), invece, sono stati arruolati 196 pazienti (67 iNHL, 129 aNHL).
Nel gruppo A il tasso di risposte (ORR) è stato 18.2%, con un tasso di risposte complete (CR) di 12.1%. Nel gruppo B l’ORR è stato 65.7% nei iNHL (44/67), con una durata della risposta mediana (mDoR) di 23.2 mesi. Tale risultato, sebbene l'ampia gamma di dosi esplorate in questo studio di dose-escalation e le potenziali differenze nelle popolazioni arruolate e nei disegni degli studi precludano un confronto diretto, si paragona favorevolmente con altre terapie approvate per il linfoma follicolare R/R come tazemetostat (mDoR 10.9 mesi) o copanlisib (mDoR 14.1 mesi). Il tasso di CR nei iNHL è stato 49.3% (33/67), con una mDoR non raggiunta (NR), un risultato è simile a quello osservato con axi-cel nei iNHL R/R (ZUMA-5). Con una durata mediana dello studio di 38.9 mesi, non sono state osservate ricadute oltre i 26 mesi nei pazienti con iNHL in CR. Nei aNHL l’ORR è stato 36.4% (47/129), con una mDoR di 7.8 mesi. La DoR inferiore nei aNHL potrebbe essere dovuta al più basso tasso di CR (21.7%, 28/129) in questo gruppo, comunque simile a quello ottenuto con terapie approvate, come loncastuximab teserine (24.1%). La mDoR nei aNHL R/R in CR è stata di 28.8 mesi, che, pur con le suddette precauzioni, è simile a quella riportata con altre terapie a base di anticorpi bispecifici CD20xCD3 e CAR-T CD19-directed. Dodici pazienti del gruppo B (8 iNHL e 4 aNHL), recidivati dopo aver ottenuto una CR, hanno ricevuto un ritrattamento con mosunetuzumab a durata fissa, ottenendo un ORR di 83.3% (10/12) e un tasso di CR di 58.3% (7/12). Pur essendo stati registrati 8 nuovi eventi avversi nel gruppo B, non sono stati identificati nuovi problemi di sicurezza né tossicità ritardate.
In conclusione, in questa analisi estesa, il trattamento con mosunetuzumab a durata fissa si è confermato sicuro ed efficace. I pazienti in CR hanno avuto risposte durature e, in caso di recidiva, l’efficacia del ritrattamento supporta ulteriormente l’approccio a durata fissa, suggerendo che mosunetuzumab potrebbe potenzialmente essere incorporato in multiple linee di trattamento.